Tag: usa

  • Jeep Cherokee 2026: il ritorno di un’icona (ma solo in America)

    Jeep Cherokee 2026: il ritorno di un’icona (ma solo in America)

    La Jeep Cherokee è pronta a tornare nel 2025 con una nuova generazione, ma con una sorpresa: sarà disponibile solo per il mercato americano, senza sbarcare in Europa. Il motivo? Evitare una concorrenza interna con la più compatta Jeep Compass, già pensata per le strade del Vecchio Continente.

    Ecco tutto quello che sappiamo sulla nuova Cherokee, tra design rinnovato, piattaforma moderna e motorizzazioni ibride.


    Design: fedeltà al DNA Jeep, ma con un tocco moderno

    La Cherokee 2026 riprende il linguaggio stilistico introdotto dalla Wagoneer S e perfezionato sulla Compass, con alcune novità:

    • Griglia a 7 feritoie (più stretta e affilata).
    • Linee muscolose ma aerodinamiche, tipiche dei SUV Jeep.
    • Dimensioni intermedie: circa 4,70 metri (più lunga della Compass ma più compatta della Grand Cherokee).
    • Posteriore non ancora svelato, ma si prevedono fari orizzontali e dettagli dark per un look sportivo.

    Interni: tecnologia e spazio (ma i dettagli sono top secret)

    Jeep non ha ancora rilasciato immagini degli interni, ma possiamo aspettarci:
    ✅ Cruscotto digitale (come su Compass e Wagoneer).
    ✅ Touchscreen centrale di grandi dimensioni per l’infotainment.
    ✅ Materiali premium e spazio abitabile generoso.


    Meccanica: la piattaforma STLA Large e le motorizzazioni

    Uno degli aspetti più interessanti è la base tecnica: la nuova Cherokee dovrebbe utilizzare la piattaforma STLA Large di Stellantis, la stessa che verrà impiegata sulle future Alfa Romeo Giulia e Stelvio.

    Motorizzazioni previste (solo per il mercato USA):

    • Benzina tradizionale (probabilmente un 4 cilindri turbo).
    • Ibrida plug-in (con trazione integrale).
    • Elettrica? Possibile, ma non confermata (il mercato USA è ancora tiepido sull’elettrico).

    La scelta di non portarla in Europa è strategica: qui, la Compass (basata sulla piattaforma STLA Medium) copre già il segmento dei SUV compatti.


    Perché non arriverà in Europa?

    La decisione di limitare la Cherokee al Nord America è dettata da:
    🔹 Sovrapposizione con la Compass (già popolare in Europa).
    🔹 Differenze di mercato: in USA i SUV grandi vendono meglio.
    🔹 Strategia Stellantis: ottimizzare le piattaforme per regione.


    Quando e quanto costerà?

    • Lancio previstofine 2025 (prima solo in USA).
    • Prezzo: ancora non ufficiale, ma dovrebbe posizionarsi tra la Compass e la Grand Cherokee.
  • Dazi sulle auto importate negli USA: quali conseguenze per il mercato globale e l’Italia?

    Dazi sulle auto importate negli USA: quali conseguenze per il mercato globale e l’Italia?

    Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per introdurre dazi permanenti del 25% sulle auto importate negli Stati Uniti, una mossa che potrebbe avere ripercussioni su centinaia di miliardi di dollari di scambi commerciali.

    Convinto di poter incassare oltre mille miliardi grazie a queste nuove tariffe, il presidente americano deve però valutare attentamente le possibili conseguenze: ritorsioni commerciali, inflazione, interruzioni nelle catene di approvvigionamento e, paradossalmente, un calo delle stesse importazioni che intende tassare.


    Infatti gli USA siano legati economicamente ai loro partner internazionali, prima ancora che politicamente, ma la mossa è una pedina importante delle politiche economiche di Trump che puntano ad abbassare i tassi di interesse, stimolando la produzione e razionalizzando le spese per compensare un debito andato fuori controllo con la precedente amministrazione.

    Messico, Canada e Germania: i principali fornitori di auto per gli USA

    Secondo i dati del Dipartimento del Commercio USA, nel 2024 il Messico è stato il principale esportatore di auto verso gli Stati Uniti, con 78,5 miliardi di dollari di valore e quasi 3 milioni di veicoli spediti. Al secondo posto c’è il Giappone (39,7 miliardi, 1,4 milioni di auto), seguito da Corea del Sud (36,6 miliardi, 1,5 milioni) e Canada (31,2 miliardi, 1 milione).

    Un caso particolare è quello della Germania, che pur esportando solo 446.566 veicoli, ha raggiunto un valore di 24,8 miliardi di dollari, con un prezzo medio per auto di oltre 55.600$ – quasi il doppio rispetto agli altri Paesi. Questo perché la Germania si concentra su modelli di lusso e alta gamma.

    Produzione in Nord America: un vantaggio per molti marchi

    Va notato che molte auto vendute negli USA, anche da case automobilistiche americane, sono prodotte in Messico e Canada, dove i costi di produzione sono più bassi e il trasporto verso gli Stati Uniti è economico. Tuttavia, con la fine delle agevolazioni doganali e l’introduzione di nuovi dazi, questo vantaggio potrebbe ridursi, stimolando i produttori a riportare la produzione negli Stati Uniti, magari riuscendo a rivitalizzare città come Detroit che hanno subito grossi contraccolpi economici dallo spostamento della produzione automobilistica.

    Allo stesso tempo, diversi produttori stranieri – come Honda, Toyota, BMW e Volkswagen – hanno stabilimenti negli USA e spesso esportano auto “Made in USA” in tutto il mondo, dimostrando quanto il mercato automobilistico sia ormai globale e interconnesso.

    L’impatto sull’Italia: componentistica e auto di lusso a rischio

    L’Italia, pur non essendo tra i principali esportatori di auto verso gli USA, risente comunque delle nuove tariffe per due motivi:

    1. La filiera della componentistica – Molte parti delle auto tedesche (BMW, Mercedes, Volkswagen) sono prodotte in Italia, tanto che fino al 30% di un’auto assemblata in Germania può avere componenti italiani. La Germania, infatti, assorbe quasi il 20% della produzione italiana del settore. Con i dazi sulle componenti (in vigore dal 2 aprile), l’industria italiana subirà un doppio colpo: diretto (per le esportazioni) e indiretto (per il calo della domanda tedesca).
    2. Le auto di lusso della Motor Valley – Gli USA sono il primo mercato extra-UE per l’Italia, con 65 miliardi di export nel 2023. Tra i settori più importanti ci sono macchinari industriali (12,8 miliardi) e mezzi di trasporto (7,9 miliardi), che includono anche auto di alta gamma. Modena e Bologna (sedi di Ferrari e Lamborghini) da sole esportano 2,6 miliardi di euro in auto verso gli USA, il 75% del totale del settore.

    Sebbene chi compra una Ferrari o una Lamborghini possa permettersi un rincaro, l’aumento dei costi potrebbe comunque frenare le vendite, danneggiando un comparto che per l’Italia rappresenta eccellenza e prestigio internazionale, magari spingendo l’acquirente a scegliere una sportiva a stelle e strisce come una Corvette a una prestigiosa auto europea.

    Conclusioni: una guerra commerciale con effetti a catena

    La decisione di Trump rischia di innescare una nuova guerra commerciale, con ripercussioni non solo sui Paesi esportatori, ma anche sulle stesse case automobilistiche americane e sulle filiere globali. L’Italia, pur non essendo in prima linea, potrebbe subire danni significativi, sia per la componentistica che per il lusso automobilistico, settori in cui il Made in Italy è leader mondiale.

    Con l’aumento dei dazi e possibili ritorsioni, il mercato automobilistico globale potrebbe trovarsi di fronte a una nuova era di protezionismo, con costi più alti per produttori e consumatori, e l’andamento fiacco in borsa dei titoli automotive, con il valore delle azioni che già scontavano i problemi dell’adozione forzata dell’elettrico si troveranno a fronteggiare anche le mancate vendite della politica dei dazi che potrebbero travolgerle.

    E all’orizzonte la soluzione che si prospetta in Europa è pure più preoccupante, visto che si pensa a un piano di riarmo europeo come strumento per far funzionare le fabbriche automobilistiche, principalmente tedesche, in difficoltà.